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Using feedback in organizational consulting

Autori: 
Jane Brodie Gregory, Paul E. Levy
Casa editrice: 
American Psychological Association, 2015, Pp.XI+152, $ 46,00 (softcover)

E’ sicuramente vero, come affermano gli autori nelle prime pagine del libro, che il feedback è ovunque nella vita. Proprio come capita nel momento in cui si parla della “comunicazione”, e ricordando i famosi assiomi della scuola della Pragmatica della comunicazione umana, tutto è comunicazione e, dunque, in ogni dove può annidarsi il feedback . O, almeno, può annidarsi il rischio di un inadeguato feedback o di un feedback distorto. Nell’ambito della psicologia delle organizzazioni il feedback è assolutamente centrale: in ogni applicazione professionale della psicologia – basti pensare al coaching, ai colloqui che si effettuano tra capi e collaboratori, alle attività di People Management condotte ogni giorno – il feedback emerge come un fatto centrale e uno dei criteri del “buon governo” da parte di organizzazioni e persone che ricoprono ruoli di responsabilità.

Questo libro unisce l’attenzione accademica con la centratura professionale sull’oggetto di studio. Da un lato, sono richiamate le ricerche e sono esplorati i significati di base che può assumere il feedback nel mondo del lavoro, dall’altro il nucleo del discorso è sulla gestione del feedback nella consulenza organizzativa svolta dagli psicologi professionisti. Come si può intuire, uno degli aspetti più importanti ruota intorno alla domanda circa i parametri di efficacia del feedback. Da tale punto di vista nel libro si cerca di applicare i risultati delle ricerche accademiche alla pratica del lavoro, al fine di delineare delle strategie basate sulle necessità e sulle azioni da compiere per implementare l’efficacia di tali forme di comunicazione, rivolte sia verso gli individui sia verso i gruppi. Ma sono certamente numerose le variabili che possono rendere utile ed appropriato il feedback, così come altrettanto numerose possono essere le dimensioni del feedback errato o addirittura controproducente.

Con il supporto di situazioni esplicative e per mezzo di un’analisi molto ampia del concetto, gli autori hanno strutturato il testo in modo da raccogliere in ogni capitolo, sia una visione generale del tema sia le applicazioni operative, iniziando con l’introdurre i modelli classici di feedback, descritti nel capitolo primo. I quattro modelli che sono discussi costituiscono, nel loro insieme, la base su cui poggiano i successivi capitoli del libro. Infatti, in questi modelli sono già presenti tutti gli elementi critici del processo di feedback, cioè quegli elementi che devono essere tenuti presenti e gestiti nell’ottica di realizzare un’operazione efficace. Il secondo capitolo prende in esame la Control Theory come prospettiva di applicazione del feedback, mentre nei capitoli centrali sono analizzate tutte le componenti del processo di feedback, arricchite da casi esemplificativi, fino a considerare l’effetto del contesto. Il settimo capitolo pone il feedback nell’ampio orizzonte dei processi di gestione del capitale umano, e l’ultimo capitolo lancia uno sguardo sulle direzioni future di ricerca e di applicazione.

Concludo con una nota personale: se oggi dovessi “leggere” la mia attività di consulenza di gestione risorse umane sotto il profilo del feedback, in senso lato, potrei suddividere le organizzazioni che ho incontrato proprio sulla base della loro sensibilità alla gestione delle informazioni di ritorno e sulla base della formazione dei manager a gestire le restituzioni. Nonostante che la cultura italiana non sia avara delle dimensioni della socialità e della comunicazione, l’esistenza di feedback adeguati – che siano, ad esempio tempestivi e utilizzabili da chi li riceve in modo sufficientemente chiaro – non mi sembra poi così diffusa. Volendo passare dalle comunicazioni informali e casuali alla gestione vera e propria delle comunicazioni interne nelle organizzazioni vi è ancora un discreto spazio di miglioramento che si spera possa essere percorso in tempi ragionevolmente brevi.