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WORK-LIFE BALANCE

Titolo: 

WORK-LIFE BALANCE

Autori: 
Carmen Binnewies (Editor)
Casa editrice: 
Hogrefe, 2016, Pp. 58, Euro 34,95

Il tema della conciliazione tra vita di lavoro e vita personale è (e rimane) al centro di numerose riflessioni, analisi e studi sul campo. Non potrebbe essere altrimenti, considerato che nella nostra società le persone che sono maggiormente impegnate nei ruoli manageriali e professionali conducono troppo spesso una vita appiattita sul lavoro, una vita ad una dimensione.

Questo lavoro compare nella serie Zeitschrift für Psychologie (volume ventisettesimo), una serie di fascicoli che sono dedicati alle aree più diverse della psicologia e in cui, ad esempio, è stato pubblicato il numero molto interessante dedicato alle disfunzioni della leadership dal titolo Destructive Leadership, a cura di Birgit Schyns e Jan Schilling (Zeitschrift für Psychologie - Volume 22) già segnalato su queste stesse pagine.

Il testo si articola nell’Editoriale di apertura a firma della curatrice, la professoressa Binnewies dell’Istituto di psicologia della Universität Münster (Germania), e di cui si deve ricordare il recente lavoro scritto insieme a Eva-Kristina Brosch, “Work demands and resources in the work-life interface mediated by positive affective states: A daily diary study” (Management Revue, 29, 1, 55-78, 2018). Segue un ampio articolo di rassegna sulle metodologie di ricerca in cui si propone un nuovo modello di ricerca che aiuti a superare i limiti dei modelli attualmente impiegati, e quattro saggi ognuno dei quali focalizzato su un particolare argomento, mantenendo sempre l’attenzione globale sui risultati e sulle direttrici recenti della ricerca nel campo del work-life balance.

L’argomento non è nuovo nell’ambito della psicologia applicata ed accademica. Rispetto a coloro che intervengono professionalmente nei contesti organizzativi è noto l’incremento delle più diverse forme di disagio e malessere nei luoghi di lavoro e, da questo punto di vista, la capacità di ognuno di raggiungere un ottimale equilibrio tra i diversi aspetti e tempi di vita emerge come uno dei fattori di base.

In effetti, utilizzare il termine work-life balance è ristrettivo e da diversi studiosi e consulenti sono state avanzate delle critiche. Sono numerose le sfaccettature che formano il contesto sia della vita di lavoro, sia di quella personale, ed è soprattutto riduttivo sintetizzare questa ultima nel concetto-ombrello di “life”. Troppe sfere della vita personale hanno la necessità di essere “bilanciate” e, seguendo tale direzione, si deve notare che la scelta e l’utilizzo di una parola ha un suo specifico peso. Così alcuni preferiscono impiegare terminologie come: work-life interface, nonwork domain, private life. Si evita il termine family life, puntando a differenziare gli ambiti all’interno della vita, e studiando il conflitto tra vita personale (in senso ampio) e vita di lavoro, ma anche le possibilità di arricchimento di tale dimensione.

Si evidenzia, così, la necessaria gestione dei confini tra le diverse sfere di vita al fine di integrare e migliorare singoli e specifici aspetti della vita globale dell’individuo. Tale argomento ha avuto soprattutto un riflesso nell’ambito degli interventi psico-socio-organizzativi sotto le forme del teleworking, dello smart working, dei tempi flessibili di lavoro, della prevenzione del distress e delle modalità di organizzazione dei processi di lavoro. L’altro aspetto della questione, quello specificamente individuale e soggettivo, vissuto intimamente da ciascuno, rimane a mio avviso ancora in ombra, essendo di fatto trattato nelle sfere private della consulenza individuale e della terapia.

Venendo al contenuto del fascicolo, l’articolo di rassegna generale è dedicato alla dimensione del conflitto nell’interfacciamento della vita di lavoro e familiare, adottando la visione dello stress organizzativo al fine di individuare nuovi approcci di ricerca che possano risolvere il problema di risultati che si sovrappongono finendo con l’offrire una visione inquinata da dati confusi.

Il secondo studio è di genere longitudinale (copre un intero anno) e si focalizza sull’intreccio tra la soddisfazione e il coinvolgimento nel lavoro e nel contesto familiare, offrendo una prospettiva non statica dello stesso. Il terzo studio tratta l’auto-efficacia, il supporto sociale nel lavoro e il supporto sociale nella dimensione casalinga come fattori influenzanti la soddisfazione globale del soggetto, mentre il quarto saggio ha un approccio qualitativo, basato sull’uso di interviste semi-strutturate, confrontate con i risultati ottenuti con questionari, in riferimento alle coppie che vivono in parallelo la dimensione lavorativa (le cosiddette dual-career couples). Si tratta di una ricerca che punta l’attenzione su un livello micro, riuscendo a cogliere diversi aspetti importanti dello stato soggettivo delle persone.

L’ultimo saggio discute tre strategie di gestione atte a facilitare la prestazione nel ruolo professionale e l’auto-ingaggio nel lavoro, chiamando in causa prospettive note, come il goal setting, in donne che occupano ruoli di limitato spessore nell’organizzazione.

Nel complesso, queste riflessioni basate su ricerche, indicano che vi è ancora molta strada da compiere nell’evidenziare i numerosi aspetti che compongono il concetto di work-life balance ma, sicuramente, oltre alle ricerche, sarebbe oggi più che mai necessario organizzare interventi operativi ampi e strutturati sui sistemi sociali al fine di migliorare concretamente la vita delle persone che lavorano.

Andrea Castiello d’Antonio